Un problema che campeggia nella mente dell'uomo moderno quando è davanti alle reliquie antiche è senza dubbio quello della loro autenticità. Ma non era un problema sconosciuto fin dai tempi più antichi. Occorreva essere sicuri che una certa moneta fosse davvero uno dei trenta denari che furono pagati a Giuda in cambo del suo tradimento, oppure che una semplice lisca di pesce rinsecchita fosse davvero quella di uno dei pesci moltiplicati miracolosamente da Cristo.

Un criterio che bastava ai più creduloni o a chi (pur non essendolo) desiderava fortemente possedere una reliquia, era certamente l'autorevolezza di chi cedeva la reliquia. Come poteva sant'Elena dubitare che una spugna propostagli dal piissimo Macario non fosse quella stessa che era stata usata per abbeverare Cristo sulla croce? Questo criterio è piuttosto lacunoso ma più diffuso di quello che si può imaginare, e questa tenue e poco convincente metodo di certificazione arriva fino ai giorni nostri. Nei reliquiari presenti attualmente nelle parrocchie non è raro trovare un piccolo cartiglio con tanto di sigillo in lacca rossa in cui un prelato, un'autorità o il vescovo certificano l'autenticità della reliquia, secondo i precetti e l'autorità definite dal diritto canonico. Evidentemente questi vescovi e personaggi vari si prestano a certificazioni molto azzardate...

In molti casi ci si basava invece sulla tradizione: ad un certo punto (non si sa bene il perché e magari chi) qualcuno attribuiva a una certa casa l'essere stata quella della sacra famiglia; e con tale fama veniva perpetuata, senza che fosse possibile risalire oltre a un certo punto della storia. Vi è ad esempio la diffusa credenza che la vera croce fosse stata trovata imponendo a un vecchio ebreo di parlare, lui che sapeva dov'era ma non voleva dirlo. Questo poteva spiegare perché quando Elena arrivò a Gerusalemme la croce non era esposta e debitamente venerata, anche se si apriva un altro problema: la croce (essendo rimasta nascosta secoli), come poteva essere conosciuta da un vecchio ebreo? E perchè non ne parlava vedendo tutti questi pellegrini disposti a pagare ogni reliquia peso d'oro? Naturalmente il problema maggiore era un altro, ovvero la probabilità che la croce di Cristo e quella dei due ladroni fosse stata scalzata dal terreno, ben nascosta e conservata per secoli in segreto. Ma riporto questa leggenda del vecchio ebreo per dire che spesso per risolvere un problema in modo troppo ingenuo se ne apriva semplicemente un altro.
Nell'ambito della certificazione che potrei definire "per continuità" sono davvero pochi i casi in cui si è conservata traccia della reliquia fin dal suo nascere. La "lunga tradizione" di cui parliamo spesso registra un momento storico preciso in cui se ne ha il ritrovamento. E questa stessa tradizione, se si registra per un tempo sufficiente, basterebbe (anche secondo le parole precise del diritto canonico) a trasformare una reliquia palesemente falsa in una reliquia degna di venerazione (parleremo a suo tempo dell'esempio eclatante della sindone di Torino o del sacro volto di Lucca).

Il ritrovamento può verificarsi in vari modi, tra cui abbastanza comunemente si riscontra quello del furto. E' il caso di SanNicola di Bari o del corpo di San Marco per Venezia, in questo "patroni gemelli". Nel caso di San Marco il ritrovamento avviene nell' 828. Due mercanti veneziani si impossessarono delle sue spoglie che (nascoste in una cesta di ortaggi e di carne di maiale) furono portate a Venezia, dove poi si costruì la basilica che ancora oggi ospita le sue reliquie.
Il corpo di San Nicola viene trafugato un po' più tardi, nel 1087. Fu rubato dalla città di Myra (in Licia) da ben sessantadue marinai baresi che lo trasportarono nella città pugliese. E anche qui fu costruita una imponente basilica.
Una delle reliquie più venerate a Costantinopoli, con un potente potere apotropaico e che veniva usata come amuleto contro la conquista della città, era il maphorion, una specie di manto che copriva le spalle della madonna. Fu rubato in Palestina, e più precisamente a Cafarnao, da due patrizi (Candido e Galbio) che vennero a sapere come una vecchia ebrea lo conservava in una cassa di legno. Riuscirono a sostituire la cassa di legno con un'altra simile e portarono la reliquia a Costantinopoli, dove divenne uno degli oggetti più venerati fino alla conquista turca (1453), giusto a mille anni dal suo ritrovamento, che era avvenuto tra il 450 e il 470.
Ma come essere sicuri che quel manto fosse proprio quello della madonna morta secoli prima del ritrovamento, e magari non in Palestina ma a Efeso? E se se ne era andata altrove perché se ne era dovuta andare a spalle scoperte, forse qualche rapinatore gli aveva rubato il manto? Come essere sicuri che certi corpi (come quello di San Marco) fossero autentici e non sostituiti o rubati prima del rinvenimento? Come riuscirono a fregare i corpi i marinai baresi o i mercanti veneziani, nell'arco di 800 o 900 anni potrebbero esserci stati altri mercanti, marinai o patrizi ad aver compiuto lo stesso furto. Oppure la vecchia ebrea era più furba dei patrizi ladri e si faceva sostituire più volte il suo scrigno magari per guadagnarci qualcosa. Non ditemi che sono cose che non capitano. E poi, se dei nobilissimi uomini ingannano coloro che possiede una reliquia, perché non dovrebbe ingannarli anche l'ingannato rendendo così pan per focaccia?

Una scorciatoia geniale era quella del prodigio che certificava l'identità del santo, dell'oggetto o della reliquia. Davanti ad un evento soprannaturale, ad un miracolo o semplicemente a un segno, si risolveva ogni problema, si assolveva il cercatore da ulteriori incombenze: lo stesso Dio o il mondo soprannaturale emetteva il suo certificato, e chi avrebbe potuto metterlo in dubbio? Forse che l'indicazione divina valeva meno di quella di Macario che rifilava improbabili reliquie a sant'Elena?

Spariva anche ogni zona d'ombra nei vari passaggi di mano, ogni punto oscuro, ogni sparizione temporanea, ogni dubbio che quell'oggetto o quel corpo non fosse stato sostituito con uno somigliante. Se quel determinato corpo o oggetto generava miracoli, significa semplicemente che è quello buono, punto e basta.
Naturalmente queste manifestazioni/certificazioni erano tanto più valide e indiscutibili quanto più erano partecipate, diffuse, pubbliche. Il sogno di un eremita che trova un cadavere qualunque in un campo ha un certo valore, siamo al limite della spiegazione probabilistica: un sogno è un sogno come mille altri, di cadaveri sparsi o abbandonati non ne sono mai mancati ovunque.
Ecco allora che appena possibile erano coinvolte più persone, una garantiva per l'altra. Naturalmente i casi più credibili erano quelli di manifestazioni del soprannaturale che avvenivano in pubblico. Qui i partecipanti potevano tutti testimoniare del miracolo. Un conto è se un'apparizione si manifesta di notte a un eremita un altro se avviene durante una solenne cerimonia alla presenza di tutta la città. La manifestazione soprannaturale davanti a più persone prende quindi quota nella sua credibilità. Nello stesso vangelo si riscontra questa forma di avvaloramento, quando (in corrispondenza della morte di risto sul Calvario) si incontrarono in giro dei morti, e "furono visti da molti". Anche allora era chiaro che se una sola vecchia o un solo uomo avessero visto un morto che cammina per strada, li avrebbero presi per allucinati o ubriachi. Se i morti furono visti da molti la cosa cambia aspetto e credibilità

Naturalmente anche qui non tutto è risolto: occorre essere sicuri che quell'episodio si sia davvero verificato. In altre parole, il problema della veridicità si sposta dal riconoscimento delle reliquia alla credibilità del cronista. Basta infatti che al posto di inventasi una reliquia ci si inventi l'evento miracoloso. E qui casca l'asino. Sappiamo che i cronisti antichi non avevano di certo la nostra mentalità, e tendevano a finalizzare i loro scritti a qualche (magari nobilissimo) scopo, fenomeno che non manca neppure oggi, ma allora accettato ancor più di quanto siamo portati a fare noi moderni. E questo accadeva anche nei tempi più remoti: i resoconti della vita dei faraoni sulle loro tombe hanno un intento celebrativo e non di testimonianza storica. Ad esempio, un atto di eroismo viene riportato identico nei dettagli attribuendolo a più faraoni, ciascuno dei due sarebbe rimasto indietro rispetto alla scorta, sarebbe entrato in contatto con un certo numero di nemici, il faraone combattendo da solo avrebbe sbaragliato tutti questi nemici.... Che sia capitata la stessa identica cosa a due diversi faraoni è praticamente impossibile, e questo conferma che l'istoriazione non ha scopi biografici ma di pura esaltazione. [Gardiner, la civiltà dell'antico Egitto]

Vi sono altri esempi che riguardano l'epoca che stiamo trattando. Nel vangelo di Giovanni si legge della guarigione miracolosa di un cieco.
Gesù « Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Siloe (che significa inviato)». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. » (Giovanni 9, 6-7).

Lo stesso identico miracolo viene attribuito all'imperatore Vespasiano, che (pur riluttante) pose la propria saliva sugli occhi di un cieco e quello fu guarito. Leggiamo in Tacito:

Durante quei mesi in cui Vespasiano aspettava ad Alessandria il ritorno periodico dei venti estivi ed il mare tranquillo, accaddero numerosi miracoli che mostrarono il favore del cielo ed una certa inclinazione degli dèi verso di lui. .... Un popolano di Alessandria, notoriamente privo della vista, gli abbracciò un giorno le ginocchia e gli chiese, tra i gemiti, di guarirlo dalla cecità, ... e pregava il principe di degnarsi di cospargergli di saliva le guance e i globi oculari. Vespasiano allora, con volto lieto, dà retta alle loro preghiere tra la tensione della folla presente …. e il cieco riebbe la vista.

La saliva guarisce i ciechi? Normalmente no. E' probabile che un evento così straordinario capiti in ambedue i casi? No. Chi mente? L'evangelista o Tacito? Non so, o uno o l'altro o entrambi, ma di certo non possono aver ragione tutti e due. (tra l'altro l'episodio narrato da Tacito viene accennato anche da Svetonio e indirettamente da Dione Cassio)
Ecco dunque il problema in sintesi:

1-L'autenticità garantita da terzi non fa che spostare il problema dell'affidabilità della prova su chi garantisce, e che può facilmente sbagliare magari in buona fede.

2-L'autenticità continuativa (per la conoscenza di ogni passaggio) E' ben difficile che una reliquia sia stata certificata e poi conservata in un determinato posto per mille, duemila anni o giù di lì. Molte delle gradi reliquie compaiono e scompaiono nel corso dei secoli. In altri casi compaiono semplicemente a distanza di secoli o o di millenni senza che prima ne sia fatta menzione o senza un motivo plausibile che indichi che la reliquia ritrovata è quella stessa che era scomparsa secoli prima. Ad esempio, non vi sono indizi credibili che la sindone di Torino sia il panno col volto di Cristo non dipinto da mano umana che veniva esposto sulle mura di Edessa, come sostiene qualche studioso. Cosa possibile, ma improbabile, questa teoria potrebbe apparire un tentativo di datare la sindone più indietro negli anni rispetto a quando è comparsa. Sospetto aggravato da quando i test scientifici la fanno risalire al medioevo.
Anche per reliquie relativamente recenti non manca qualche dubbio di autenticità. Come si fa ad essere certi che le bancarelle fuori dal santuario vendano delle vere bende insanguinate del santo e non garze di seconda mano fatte passare per reliquie dal commerciante?

3-Anche l'autenticità intrinseca, avvalorata con test scientifici condotti nel presente (metodo che sarebbe una delle più credibili ai nostri tempi) è una certezza che genera contestazioni anche al giorno d'oggi. Infatti, ogni volta che qualcuno proclama una certezza su qualche grande reliquia c'è qualche altro studioso che la mette in dubbio. E' il caso del ritrovamento delle ossa di san Pietro in Vaticano: Paolo VI ne restò convinto, altri studiosi meno. L'infallibilità del papa non si spinge a far divenire autentiche ossa che non lo sono, e quindi è un problema di convinzione personale.
Altro esempio (per così dire) di segno contrario: la questione della già citata Sindone di Torino. L'analisi col carbonio 14 indica che è di origine medioevale. Ma gli studiosi che parteggiano per la sua autenticità ricorrono ad argomentazioni grazie alle quali non viene impedito di credere che sia autentica.
Ora, quando vi era una grande sete di reliquie e di corpi di santi questa prova di autenticità costituiva un bel problema: quando si trovava una tomba qualunque, come si faceva a soddisfare il più grande desiderio che veniva in mente, ovvero che fosse quella di un santo o (meglio ancora) di un martire?
4-l'autenticità certificata dal miracolo sembrerebbe la soluzione, ma non lo è:
- vale per i presenti al miracolo, a patto siano persone ben accorte, evitando di cadere in certe trappole che non sono mancate!
- ma questa stessa autenticazione non è priva di dubbi per chi legge il resoconto, in quanto il problema si sposta semplicemente sull'affidabilità delle testimonianze.

Vorrei aggiungere che gran parte delle reliquie sono del tutto incredibili. A perpetuare la venerazione di queste reliquie non credibili intervengono due fattori.

1-RELAZIONE CON IMMAGINI SANTE Da un lato (direi da quello della reliquia) occorre dire che alcune di queste (che di per sé sarebbero incredibili) divengono più probabili se si tiene conto che tra le le reliquie vengono annoverate anche quelle che sono state a contatto non col santo ma con qualcosa che aveva a che fare col santo. Questo “qualcosa” potrebbe essere stata semplicemente una raffigurazione o una statua. Quindi quando si dovessero incontrare “le scarpine della madonna” di raso, non si dovrebbe pensare subito alle calzature di Maria, la quale sarebbe andata in giro per la Galilea o la Giudea con le scarpe di raso azzurro. Si sarebbe fatta notare troppo. Potrebbero essere semplicemente le scarpine di raso con cui veniva vestita una statua famosa (o miracolosa) della madonna. Sono molte queste statue vestite con abiti sfarzosi, ed è immaginabile che ogni tanto questi abiti possano essere sostituiti con altri, magari ancora più ricchi e sfarzosi per una nuova donazione, o per altri motivi. I vecchi abiti possono essere conservati come reliquia da contatto.


Molte statue di Cristo e dei santi sono vestite con abiti sfarzosi, in relazione alle possibilità economiche del santuario o alla generosità dei fedeli. Questo è naturalmente in contrasto con la povertà evangelica (che cosa sarebbe costato a Cristo nascere ricco e vestirsi di trine e merletti?) Ma è un altro aspetto di cosa può fare la fede, mostrare la ricchezza nascosta al mondo. Questi abiti sono per lo più legati allo “stile” del periodo in cui si sono preparati. La madonna, Cristo e i santi vestono come i potenti dell'epoca e non di rado si trasfigurano in quelli. Qui sopra due esempi tra mille: a sinistra un particolare della statua della madonna ad Inglesias.
A destra la madonna nera conservata a Verona, con un paramento tipico formato da un panno damascato e ornato, che costituisce una veste molto stilizzata (notata i buchi quadrati per far uscire le mani del bambino).
La consuetudine di vestire le statue della madonna con abiti alla moda (compreso il cappellino da passeggio per quando la si porta in processione) è citata con ironia dal Gislanzoni (l'autore dell'Aida musicata da Verdi) in “La contessa di Karolystria”.
A volte gli abiti sono “organici” alla statua (magari essa ha solo testa mani e piedi, e il corpo non è scolpito in modo completo e dunque completato proprio dagli abiti che ne sono quindi parte organica. A volte invece la statua è completa, e magari viene vestita solo in occasioni speciali (è il caso della statua di san Pietro raffigurata sopra sulla destra, presente nella basilica vaticana. Essa è una statua completa ( a quanto pare in Vaticano di problemi economici non ce ne sono stati molti), che viene rivestita con i paramenti solenni solo in occasione della sua festa. Quando si restaura una statua importante di quelle vestite in modo perenne, e si cambiano questi vestiti, è comune conservare quelli vecchi come una reliquia, essendo stati così a lungo a contatto ( o addirittura parte integrante ) dell'immagine sacra, magari miracolosa.

2-LA SOLUZIONE DEFINITIVA dal punto di vista della chiesa è la concessione del culto anche per delle reliquie non vere, perché sono state oggetto di devozione. In altre parole la spinta alla preghiera e alla devozione varrebbe di più dell'oggetto fisico che è l'accidente che la genera.

E' venerata in quanto rappresentazione, immmagine, "simbolo" del santo o di Cristo, come può esserlo un crocifisso artistico o l'immagine della madonna in una santella. Al posto di venerare l'immagine del santo più o meno somigliante dipinta su una tela che raffigura il santo, si venera un corpo rivestito da paramenti che sta a rappresentare il santo. AL posto di venerare un Cristo crocifisso dipinto su legno da Giotto (che di per sè è legno e pittura) si venera una corona di spine in forma di quella che dovrebbe (nella fantasia di chi l'ha intrecciata) rappresentare quella che fu calcata in testa al Cristo.
Naturalmente questo non significa che una reliquia venerata da lunga tradzione e imbandita ad imitazione di un santo o una sua parte per questo diventi autentica.

Resta aperta l'indagine storica o scientifica dell'autenticità, che in questo modo viene svincolata dal permesso di venerarla. Le indagini insomma vanno avanti anche se il culto non cambia quando le eliquie dovessero dimostrarsi false.

Ci sono diversi casi in cui reliquie del tutto screditate cui viene concessa la venerazione proprio per la loro lunga storia. E' il caso del sacro volto di Lucca (che non sarebbe stato scolpito da mano umana ma per miracolo), o della già citata Sindone di Torino. Per quel che riguarda Lucca, la datazione degli esperti ascrive la reliquia a oltre mille anni dopo l'ipotetico evento. Per la sindone, come si diceva l'esame scientifico del carbonio 14 eseguito nel 1988 indicarono che questo telo era di origine medioevale. Davanti a questo risultato lo stesso cardinale di Torino (allora Anastasio Ballestrero, che era stato nominato dal papa custode della sindone, dimostrò di accettare e adeguarsi ai risultati del test: "Penso non sia il caso di mettere in dubbio i risultati. E nemmeno il caso di rivedere le bucce agli scienziati se il loro responso non quadra con le ragioni del cuore".
Ma allo stesso tempo il cardinale continuò a conservare e utilizzare il telo come una vera reliquia, accampando proprio l'argomento che stiamo portando in queste righe: è stato tanto tempo oggetto di culto che trae dignità di reliquia proprio da questa secolare venerazione, secondo la lettera del diritto canonico citato nella parte I.

CONCLUSIONE

Analizzando spassionatamente le grandi reliquie si conclude che è ben difficile che la generalità (per lo meno quelle antiche) siano autentiche. Agli occhi della chiesa questo era un problema, perchè la religiosità popolare spesso non può essere eradicata e ammettendo al culto solo quelle autentiche si rischiava di decimarle, di renderle pressochè insesistenti, in pratica di eliminare il ruolo delle reliquie.
Sarebbe stata una battaglia dall'esito incerto, o addirittura si sapeva che si sarebbe perso in partenza.

Si rischiava dunque di lasciar prosperare il culto delle reliquie fuori dal controllo della religione.
E' il caso della magia. Vi erano e vi sono, sopratutto in campagna, delle pratiche e preghiere religiose che rasentavano la magia o la superstizione: si va dal caso di invasioni degli insetti al timore dei danni provocati dai temporali. A varie pratiche magiche la chiesa provò a sostituire delle pratiche religiose: riti speciali per favorire la fertilità del suolo, preghiere per confinare le formiche, suono delle camapane o ulivo benedetto il giorno delle Palme bruciato in modo che il fumo allontani i temporali, ecc.
Questa in effetti è una buona soluzione vecchia come il cristianesimo, per evitare che queste azioni sfuggano e ci si butti in pratiche ritenute inaccettabili, quale è al giorno d'oggi il ricorso a guaritori o maghi, così largamente diffuso n Italia e altrove.

Ma come conciliare il culto ammesso con degli oggetti semplicemente falsi? Semplicemente ammettendo al culto sia gli oggetti veri che quelli che (magari falsi) siano stati venerati abbastanza a lungo. Perchè questa è una soluzione agli occhi della chiesa è definitiva? Perchè mette al riparo le grandi reliquie da esami di laboratorio o indagini storiche che potrebbero dimostrare la loro falsità. Vere o false a questo punto non conta ai fini del loro culto: l'importante è che siano venerate da tempo.

Non bisogna tuttavia pensare che davanti a questa "parificazione" la chiesa non sia interessata alla verifica delle varie autenticità. si è solo sdoppiato il binario della autenticità da quello della possibilità di culto. Anche negli anni scorsi la chiesa si è fatta protagonista di certe analisi scientifiche molto serie, ma (una volta ricevuto il responso di non autenticità) ai fini del rito non è cambiato alcunchè. E' il caso delle sindone di Torino. Quindi il diritto canonico concede il culto ma non garantisce l'autenticità che può essere oggetto di indagine e di discussione, come avviene in questo testo. Nel diritto canonico del resto non manca qualche ambiguità, là dove concede a cardinali, vescovi e incaricati di cerificare l'autenticità di una reliquia, che ben difficilmente trae autenticità dal certificato di chicchessia, sia questi un cardinale o un mangiapreti.

 

 

parte terza


l'autenticità delle reliquie (questa pagina)
esempi di ritrovamento delle grandi reliquie
note sulla Vera Croce e variazioni sul tema
Brevissima nota sulla bibliografia della sindone, in cui si raccomandano tre libri tra i molti pubblicati sull'argomento
- Walter McCrone, Judgement Day for the Shroud of Turin
- Carlo Papini, "Sindone: Una sfida alla scienza e alla fede" (1998, Claudiana)
- Antonio Lombatti "Sfida alla Sindone" (2000, Centro Editore, Pontremoli
).

La soluzione - Il concedere il culto delle reliquie autentiche avrebbe decimato la loro presenza nelle chiese con esiti incerti: si è detto quanto il culto delle reliquie è radicato sia nelle religioni più antiche e presente anche in ambito laico.

Il prmesso di culto stato sganciato dalla loro autenticità. Naturalmente le indagini storiche e scientifiche proseguono, perchè è un conto l'autenticità un alto la possibilità di venerarle come un oggetto insigne o una rappresentazione, simbolo di Cristo e dei santi.

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TITOLO IV
DEL DIRITTO CANONICO

IL CULTO DEI SANTI, DELLE SACRE IMMAGINI E DELLE RELIQUIE (Cann. 1186 – 1190)

Can. 1186 - Per favorire la santificazione del popolo di Dio, la Chiesa affida alla speciale e filiale venerazione dei fedeli la Beata Maria sempre Vergine, la Madre di Dio, che Cristo costitui Madre di tutti gli uomini, e promuove inoltre il vero e autentico culto degli altri Santi, perché i fedeli siano edificati dal loro esempio e sostenuti dalla loro intercessione.

Can. 1187 - E lecito venerare con culto pubblico solo quei servi di Dio che, per l'autorità della Chiesa, sono riportati nel catalogo dei Santi o dei Beati.

Can. 1188 - Sia mantenuta la prassi di esporre nelle chiese le sacre immagini alla venerazione dei fedeli; tuttavia siano esposte in numero moderato e con un conveniente ordine, affinché non suscitino la meraviglia del popolo cristiano e non diano ansa a devozione meno retta.

Can. 1189 - Le immagini preziose, ossia insigni per antichità, arte o culto, che sono esposte alla venerazione dei fedeli nelle chiese o negli oratori, qualora necessitino di riparazione, non siano mai restaurate senza la licenza scritta dell'Ordinario; e questi, prima di concederla, consulti dei periti.

Can. 1190 - §1. È assolutamente illecito vendere le sacre reliquie.

§2. Le reliquie insigni, come pure quelle onorate da grande pietà popolare, non possono essere alienate validamente in nessun modo né essere trasferite in modo definitivo senza la licenza della Sede Apostolica.

§3. Il disposto del §2 vale anche per le immagini che in taluna chiesa sono onorate da grande pietà popolare.

 

SEGUE >>> sempi di ritrovamento delle grandi reliquie

Fin dai primordi del critianesimo si usava celebrare sulle tombe dei martiri e dei santi. Ancor oggi vige questo uso, che può essere osservato sostanzialmente in tre modi:

1- La tomba può essere trasformata in altare, o viceversa: ci sono dei casi in cui nella base dell'altare è inumato un corpo, magari visibile attraverso un vetro.

2-Quest'uso primario ha due varianti: l'altare in sè non è una tomba, ma è posto sopra una tomba che si trova in un locale sottostante (la cripta). E' il caso dell'altare della confessione in san Pietro in Vaticano, di San Francesco nell'omonima basilica superiore, dei santi Gervasio e Protasio (a cui è stato aggiunto sant'Ambrogio) in sant'Ambrogio a Milano.

3-Se non vi è un corpo tumulato nell'altare, o non ci sono tombe in cripte sottostanti, si ricorre a una "tomba simbolica", ovvero a una pietra contenente dei piccoli frammenti di un santo, da porre sotto le tovaglie dell'altare (vedi la foto qui sotto)

Sono considerate reliquie i resti dei santi, gli oggetti (stoffe, vestiti) entrati in contatto con il santo, oggetti entrati in contatto con altre reliquie, o perfino con immagini (dipinti, statue...) oggetto di particolare venerazione. Molte immagini sono vestitte (nel caso sopra, la statua della madonna nera conservata a Verona). Anche questi vestiti possono essere considerati da qualcuno una reliquia da conservare, e (generando un qualche equivoco) possono passare per i vestiti del santo o di Cristo.