CORSO DI GRAFICA

I FONT


  La parola “font” indica il disegno del carattere. 
I caratteri oggi usati nel mindo occidentale sono quelli romani. 

Diverse informazioni sulla  proprietà, catalogazione e consigli d'uso circa i vari caratteri si hanno visitando questa pagina (storia dei font). 
 

Qui si riprenderanno solo alcuni concetti sulle loro dimensioni e leggibilità, e poi si passerà (nella prossima pagina) a discutere dell' interlinea e della carenatura. 
 


LE CARATTERISTICHE  DEL FONT

Le dimensioni del font sono descritte come “punti tipografici” o “corpo” Si dice ad esempio: “times in corpo 12”, ovvero “il cui corpo misura 12 punti tipografici”. 

IL CORPO 
I punti si misurano in altezza, e si leggono su un normografo sovrapposto a un gruppo di caratteri, leggendo la distanza tra il loro punto più basso, ovvero quello di un’asta discendente (ad esempio, la gamba di una q minuscola) e il punto più alto (ad esempio, l’asta di una d minuscola). Misurare un font sotto forma di punti ha dei notevoli svantaggi, perchè ci dice molto ma non ci dice abbastanza. Ad esempio, vi sono dei font che hanno delle aste molto lunghe, e una scritta con un certo corpo risulta meno leggibile rispetto ad un’altra scritta con il medesimo corpo ma con aste più brevi ed invece occhielli più grandi (vedi figura). Si parla per questo anche del “nero” di un font, che viene espresso come la misura tra i due punti più in alto e più in basso di una lettera x. Non confondete il nero col neretto ( o “bold”) , che è una delle alterazioni, assieme al corsivo (italic), eccetera. Notate che il corpo indica solo una misura in senso verticale. Non è detto che una lettera in corpo 12 sia più grande di una lettera in corpo 10. Significa solo che è più “alta”. Quindi, una lettera in corpo 10 (es americana) può essere “più grande” (= occupare una superficie totale maggiore ) di una lettera in corpo 10 (es Helvetica condensed). 

Le dimensioni di una lettera sono legate dunque al corpo ma anche al disegno del font.

Quindi, quando valutate il corpo da attribuire ad un testo, valutatelo assieme al font prescelto, e non da solo. Provate a fare un esempio. Impaginate una pagina con un times. Scalate il font fino a renderlo leggibile appena, magari con fatica. Ora trasformate il font times in americana, a parità di corpo: vedrete che di colpo il vostro testo scende di qualche riga (sembra che diventi più lungo!) e pare che sia di corpo maggiore! 

A parità di corpo vi sono dunque caratteri più o meno leggibili. 

Come regola generale, i caratteri più antichi (ad esempio, il settecentesco “Bodoni”) ha degli occhielli più piccoli e aste più lunghe. I caratteri più moderni (il Times) ha aste più corte. Ne consegue che se volete far stare più testo in una pagian conviene ricorrere al times, se volete dargli più respiro o occupare più spazio a parità di font vi conviene usare un carattere come il Bodoni. Notate che il Bodoni dà alla pagina una sensazione di maggiore vuoto, mentre il times conferisce una sensazione di maggior compattezza, risulta più estetica in molte situazioni. 


Il corpo non è un buon indicatore delle dimensioni del font, ma solo del suo ingombro verticale. Non si direbbe, ma queste due scritte hanno lo stesso corpo. Quello a destra ha infatti le spalle - i tratti discendenti molto lunghi, e l'occhio piccolo. Quello a destra il contrario...

L'UNITA' DI MISURA 
Come si diceva- è il "punto tipografico". Tutti coloro che preparano pagine web o sono espeti di grafica computerizzata conoscono questa unità di misura, ma probabilmente pochi sanno a cosa corrispone. 
I punti sono misure molto complicate, sia perchè vi sono "punti" non uguali tra di loro (si parla di "punto Cicero", "Didot", "Pica"...) e poi perchè non sono basati sul sistema metrico decimale. Anche qui si tratta di residui che ci si trascina dietro per ragioni storiche. L'unità di misura "punto tipografico" viene incontrata dal disegnatore quando questi sceglie il font per le scritte in "true-type". A cosa corrisponde questa unità?
Il "punto" è un dodicesimo della "riga" tipografica.

- La riga nella trazione europea è di 4,512 mm 
e quindi il "punto Didot" è di 0,376 mm. 

-Oggi si usa molto il sistema anglosassone, 
basato su una riga di 4,217 mm 
e quindi su un punto di 0,351 (che sarebbe il "punto Pica").

La dimensione in punti di un  carattere va dal punto più basso dei caratteri che hanno un'asta discendente (come la q o la g) al punto più alto di un carattere che ha un'asta che sale (ad esempio, la d). Per questo, se si vuol sapere quanti punti ha una riga scritta ad emempio su un quotidiano o su una rivista, occorre andare per tentativi, valutando non solo un carattere ma un gruppo di caratteri. Un gruppo più o meno numeroso a seconda del contenuto in aste che salgono o scendono. Per compiere questa operazione si usa un righello trasparente (chimato "normografo) che riporta i valori in punti, e che viene sovrapposto alla riga che si vuol misurare. Si fa coincidere il punto più basso e quello più alto del gruppo di caratteri con una serie di marcature sul normografo, fin che coincidono. E si legge il valore in punti sul normografo.
E' invece impossibile leggere i punti sullo schermo. Anche se si riduce il "foglio" elettronico a uno zoom 1:1, vi è una approssimazione notevole.
Quali "FONT" devo scegliere  per la mia pagina?

a - il tipo di font. 
Scegliete il font in base 
1-alla sua leggibilità e 
2-alla destinazione dello stampato (AL GENERE di stampato e al TIPO di stampa)
- IL GENERE: un manifesto dev'essere di grande richiamo, non potete imporre alla gente di fermarsi e leggere con cura. Un quotidiano può essere di lettura più impegnativa.
- IL TIPO  di stampante: un conto è se dovete stampare ad aghi (180 punti per pollice) o con stampa tipografica (1200 punti per pollice...)
Un font con grazie è molto leggibile e scorrevole. Non a caso molti programmi per computer partono attribuendo d’ufficio il font “Times” ai documenti nuovi. Per titoli e brevi testi è spesso usato un altro font senza grazie (tipo Arial o Helvetica) che conferisce la sensazione di maggior “richiamo”, è più duro e un po’ più “gridato”. Ricordate che anche i caratteri senza grazie hanno una loro eleganza, molto “pulita” e moderna. 
A volte questa eleganza è molto spinta (si veda l’Avant Garde) ma proprio per questo va bene per una scritta molto breve e raffinata (es. per il logo di uno stilista, il marchio per un profumo o per una pagina grafica) ma se applicato ad un testo qualunque (un cartello di divieto di sosta o un biglietto ferroviario) questa sua eleganza può apparire una leziosaggine. 
Siate sempre cauti nell’usare font strani e di fantasia, rischiate di dare un’impressione di dilettantismo e di cattivo gusto.
In ogni caso, potete mettere più font in una pagina, a seconda dello scopo espressivo che si prefigge. Ad esempio, potete scegliere l’Arial per i titoli e il Times per il testo. Non eccedete comunque con la varietà dei font. Avere sul computer molti font può forzare la mano, e molti principianti si lasciano prendere dall’entusiasmo. Non ho mai visto una buona grafica con più di tre font sulla stessa pagina. Al punto che ho coniato una battuta : la qualità di un impaginato è spesso inversamente proporzionale al numero di font  impiegati.
Quindi, due regole : per prima cosa, non usate font strani per testi lunghi. Usate caratteri fantasiosi solo per pagine molto grafiche, d’impatto e comunque fate prima un po’ di pratica coi font più comuni. In secondo luogo, non mescolate troppi font.

b - le dimensioni del font.
Il font dev’essere ben leggibile e non deve affaticare l’occhio. Scegliete le dimensioni (=ovvero, scegliete i numerini che corrispondono al corpo) in base alla stampante che userete. Per una stampante relativamente economica (tipo quelle a getto d’inchiosto normalmente in uso nelle case  e negli uffici) potrebbe andare bene un font tipo Times a 10 o (meglio ancora) 12 punti. Se la stampante è migliore (ad esempio, la stampa professionale fatta in tipografia) la risoluzione è molto superiore, e quindi potete usare un corpo più piccolo, certi che il risultato sarà più nitido di quello che vedete a schermo. Ad esempio, potete scegliere lo stesso font a 10 punti. Siccome il Times è molto leggibile a parità di corpo (per quanto detto sopra) per la stampa professionale potete scegliere anche un corpo inferiore. Non a caso molte riviste o quotidiani sono stampati  a 9/10 punti. 

Le righe rosse dimostrano che queste tre scritte hanno lo stesso corpo. 
La leggibilità tuttavia è molto diversa: l'arial al centro può essere letto ocn molta maggior facilità, e comunque ad una distanza maggiore...

c - le alterazioni del font. 
E’ noto che un font può essere reso sia in grassetto che in corsivo che come “sottolineato”. Vi è anche qualche altra alterazione meno nota , il “barrato” (gli anglosassoni lo usano in certi documenti legali ecc, ma lo ritengo di importanza irrilevante) e il maiuscoletto, su cui invece ci soffermeremo un po’.  Il “grassetto” (in inglese “bold”) aumenta lo spessore del tratto del carattere a parità di corpo. Conferisce alla pagina più “nero” e (sempre a parità di corpo) rende il carattere più leggibile anche se non di rado lo rende anche molto meno elegante. Lo si può usare per evidenziare frasi o parole nel testo oppure per i titoli e/o titoletti. 

Il corsivo prevede l’inclinazione verso destra del disegno del font.  Serve a differenziare parti del testo rispetto al resto. Vi sono font che hanno un corsivo che io trovo molto elegante (come il Garamond) altri corsivi lo sono molto meno del testo in tondo. Il testo che non è in corsivo si chiama “in tondo” quello che non è grassetto è chiamato “in chiaro”. 

Tutte queste varianti (grassetto, corsivo, ecc.) possono essere a loro volta sotto forma di maiuscolo o di minuscolo. Anche qui si tratta di una particolarità troppo nota per parlarne.

Vi è anche il maiuscoletto, ovvero un maiuscolo ma con un corpo inferiore. Il maiuscoletto potrebbe essere definito come l’introduzione in un testo minuscolo di un maiuscolo con un corpo inferiore : ad esempio, l’introduzione in un testo in corpo 10 di un maiuscolo ma in corpo 7. Questo espediente permette di introdurre un maiuscolo ma che non abbia un impatto così forte come quando si introduce un maiuscolo vero e proprio, e lascia l’aspetto generale del testo più uniforme.

Il maiuscolo “strappa” la continuità del testo, altera sgradevolmente la continuità dell’interlinea. Il maiuscoletto evidenzia un parola senza alterare il rapporto tra scrittura e il bianco dell’interlinea, perché assume una dimensione che assomiglia a quella dell’occhio dei caratteri minuscoli. Può risultare quindi molto elegante al posto del maiuscolo quando vi sono parole maiuscole dentro nel testo. 
Non ha naturalmente alcun senso per titoli, che sono al di fuori del testo. Per tradizione il maiuscoletto viene usato per le bibliografie. 

In genere il maiuscoletto è un maiuscolo con il 70% del corpo del testo normale.  Quindi in un testo in corpo 30 il maiuscoletto è il maiuscolo ridotto in corpo 20, se il corpo è un 21 il maiuscoletto sarà un 14, e così via. 

Le alterazioni descritte possono anche sommarsi in qualunque modo. Quindi, si può trovare l’indicazione : “M/m” (testo in minuscolo con le lettere maiuscole quando serve, ad esempio dopo il punto fermo). “M” (tutto maiuscolo) “m” (tutto minuscolo). Si possono dare allo stampatore indicazioni tipo : “Times corpo 9 corsivo chiaro” (corsivo ma non grassetto) , oppure “Times corpo 9 grassetto tondo M/m” il che significa che si vuole il documento in font Times, in corpo 9, in grassetto - non in corsivo e con il tasto in maiuscolo eccetto quando serve il maiuscolo (iniziali ecc.).

 

lezione n.1 - la regola fondamentale
lezione n.2 - font e caratteri
lezione n.3 - interlinea e crenatura
lezione n.4 - colonne e allineamenti
lezione n.5 - il foglio
lezione n.6 - risoluzione e definizione
lezione n.7 - note
lezione n.8 - i centri di attrazione